La Rivista
2020
N° 1 - 2 Gennaio - Giugno 2020
La chimera di un nuovo boom economico
15/Gennaio/2019
Politica Economica

Un nuovo boom sta per arrivare». Con queste parole il Ministro Luigi Di Maio ha recentemente promesso meraviglie per l'economia italiana, a fronte di quanti lo incalzavano -  con una certa preoccupazione -  per  i dati sulla produzione industriale in Italia:  scesa dell' 1,6% rispetto ad ottobre, del 2,6% in confronto allo stesso periodo dello scorso anno, andamento che rappresenta il calo più robusto da quattro anni. Le conseguenze di una minore produzione industriale, ovviamente, si riverbereranno  - insieme agli effetti dell'alto spread (+12% dal nov. 2017) - su Pil, occupazione ed in generale sull'economia del Paese.

Il Ministro, nelle sua affermazioni, ha indicato la chiave di volta dell'economia attraverso le "autostrade digitali", facendo un paragone con quelle fisiche, costruite negli anni 60', che diedero all'Italia del dopoguerra una nuova velocità di collegamento e la conseguente espansione economica, dimenticando, però, un piccolo particolare, e, cioè, il contesto nel quale quell'exploit avvenne: un Paese da ricostruire, in cui le regole erano flessibili (anche troppo), il debito pubblico era termine semisconosciuto, ed in cui potenti alleati mondiali chiudevano un occhio di fronte alle storture di bilancio, pur di allontanarci dall'abbraccio mortale dell'Unione Sovietica.

Nel 2019, con una Commissione Europea infuriata per qualche virgola o pochi decimali, riproporre quella folgorante crescita è quanto meno ottimistico, se non sfrontato.

La connettività, la fibra, il mondo digitale, sono i perni della nuova economia, ma, a fronte dei dati che arrivano ogni giorno -  relativi al calo del potere d'acquisto, alla produzione, all'occupazione, al divario fra Nord e Sud, etc.-  il mondo raccontato dal Ministro Di Maio sembra una favola alla quale l'opinione pubblica, dirigenze ed imprenditori, iniziano a credere sempre più difficilmente.

Da cittadini saremmo felici di credere ad un nuovo boom economico, ma le premesse espresse dai numeri rischiano di renderci solo dei sognatori. Ad onor del vero, le dichiarazioni dei Governi italiani, soprattutto negli ultimi decenni, si sono spese molte volte in racconti di realtà parallele, ma qui Di Maio e il M5S pagano doppiamente lo scotto delle promesse di un cambio radicale, ancora non realizzato, nel solco di una continuità nelle scelte politiche che, rispetto al recente passato, sembrano differire solo per la confusione che precede la loro attuazione.

Tra le altre cose, un legittimo dubbio: nel breve periodo, oltre alla complessità di diffondere su larga scala un'economia digitale e le sue necessarie infrastrutture, si può fare a meno di concentrare grandi sforzi  su quelle fisiche (strade, ponti, porti etc.) ?La domanda è lecita, non solo per gli effetti che si hanno su un'economia che dell'export fa un punto di forza, ma anche per la lunga querelle nata attorno al Ponte Morandi, alla TAV, alla TAP ed alla ristrutturazione ed ampliamento necessari per le opere costruite negli anni del vero boom economico, quello di sessanta anni fa.

L'opinione pubblica italiana sembra essere sempre più cosciente delle necessità stringenti in materia di investimenti, ed inizia ad assomigliare a quella bella ragazza cui il fidanzato, in una sera di particolare ispirazione, prometteva "la luna", sentendosi  rispondere, più cinicamente : "la luna è bella, ma preferirei un anello".

Boom è un voce onomatopeica di vario uso, spesso associata ad una esplosione (es.: quella di un ordigno militare, di un fuoco d'artificio, e, figurativamente riferita all'improvviso avanzamento socio – economico di un Paese); il rischio, a fronte dei numeri e al di là dei sogni, è che il nostro vero "boom" giunga all'Europa come l'eco di un'implosione, più che come una bella storia di riscatto da raccontare ai nipoti.

 

 

Le opinioni espresse nelle news sono a cura della direzione e non coinvolgono assolutamente i membri del comitato scientifico di Tempo Finanziario.