La Rivista
2020
N° 1 - 2 Gennaio - Giugno 2020
L'asimmetria informativa nel credito: quali prospettive?
10/Giugno/2021
Archivio News

di Francesca Tripodi e Emanuele D'Innella

Scriveva il grande chimico francese Louis Pasteur nell'800: "L'universo è asimmetrico e sono persuaso che la vita, così come noi la conosciamo, è il risultato diretto dell'asimmetria dell'universo, oppure una sua diretta conseguenza".

Se dunque nel campo delle scienze l'asimmetria può apparire un valore, come del resto, anche nell'arte - dove la simmetria è stata definita da personalità illustri addirittura "nemica dell'arte" - lo stesso certamente non vale nel mondo dell'economia e della finanza, dove l'asimmetria informativa nel credito, intesa come la diversa distribuzione delle informazioni tra le parti di un rapporto di finanziamento, rappresenta da sempre  una delle principali criticità dell'attività finanziaria, con riferimento, in particolare, al rischio di insolvibilità del debitore nella fase di restituzione del capitale e di pagamento degli interessi.

Questo in quanto il creditore/banca non può accedere a tutte le informazioni sul debitore/impresa, né di natura soggettiva né sul progetto imprenditoriale da finanziare, da un lato per la difficoltà del sistema bancario nell'esaminare e valutare un progetto imprenditoriale e, dall'altro – elemento, questo, di fondamentale importanza – per l'atavica resistenza dell'imprenditore a fornire informazioni di dettaglio sulla propria impresa.

Per tali ragioni si è assistito in questi anni ad un lento e progressivo deterioramento del rapporto banca-impresa, connotato proprio da questa fortissima opacità informativa che origina, certamente e in buona parte, dall'incapacità del sistema bancario di approfondire le prospettive di rischio/rendimento dell'impresa e valutare analiticamente ed obiettivamente il rischio di credito, affidandosi ad elementari e destrutturate attività di screening, peraltro attraverso canali spesso informali. Senza dimenticare, tuttavia, come a tale opacità informativa concorra sempre più spesso l'imprenditore, da sempre molto poco propenso alla condivisione del controllo e dell'informazione aziendale, e – almeno per le PMI - più interessato all'ottenimento del debito bancario a breve termine, unico volano per assicurare alla gestione ordinaria della sua impresa il necessario sostegno finanziario.

Ma procediamo per gradi.

È sotto gli occhi di tutti (e le cronache di questi ultimi anni ne danno piena testimonianza) che la banca non disponga di mezzi efficaci per un'attenta valutazione soggettiva dell'imprenditore, della sua affidabilità, delle sue qualità morali, nonché delle capacità dello stesso a fare impresa.

Non solo. Anche sotto il profilo oggettivo, alle naturali difficoltà nella lettura e nell'esame critico dei contenuti del business plan fornito dall'imprenditore e dei documenti prodotti a supporto dell'investimento da finanziare, si sommano le altrettante e più pregnanti difficoltà – complice spesso la carenza di competenze e professionalità interne alla banca - di dover poi verificare il potenziale effettivo del rendimento e valutare il  rischio del progetto; valutazione, quest'ultima, che andrebbe fatta non soltanto prima dell'erogazione del finanziamento, ai fini della meritevolezza, ma anche – e soprattutto - successivamente, al fine di far emergere tempestivamente quelle criticità che possano alterare la possibilità di recupero del credito.

E invece, una volta erogato il finanziamento, la banca non è più nelle condizioni di verificare l'andamento del business, le condotte (lecite e non) assunte dell'imprenditore nonché il suo sforzo produttivo, da intendersi quale impegno realmente profuso per realizzare il progetto iniziale.

Ecco dunque spiegato il ricorso da parte delle banche alle garanzie patrimoniali ed alle fideiussioni proprie o di terzi (talvolta anche al cofinanziamento dell'imprenditore medesimo), con cui le imprese, come noto, si trovano a dover fare i conti ogni volta in cui necessitino di un sostegno finanziario; tutte misure che, per il sistema bancario, rispondono proprio alla necessità di mitigare il rischio dell'asimmetria informativa del credito.

In altre parole, non potendo acquisire in modo organico dall'impresa le informazioni necessarie alla riduzione delle asimmetrie informative e non potendole elaborare internamente in modo completo, alla banca non resta che agire direttamente sul contratto di finanziamento in modo da sfruttare le (poche) informazioni condivise dall'imprenditore e riducendo il rischio connesso al finanziamento medesimo.

Ma v'è di più. È sempre da questa asimmetria informativa che trae certamente origine anche la speculazione finanziaria a cui gli istituti di credito, soprattutto negli ultimi anni, si sono dedicati: prodotti finanziari complessi, dai confini fumosi e dai sottostanti non immediatamente comprensibili all'imprenditore, che superficialmente li sottoscrive al sol fine di ottenere il sostegno finanziario necessario alla sua impresa. Basti pensare agli strumenti finanziari di copertura (primi tra tutti i derivati) o ai mutui subprime, imposti alle imprese per rafforzare la garanzia della restituzione dei prestiti accordati, protagonisti di alcune tra le più tristi pagine di cronaca di questi ultimi anni e responsabili della crisi che ha messo in ginocchio imprese e risparmiatori, almeno sin dal 2007.

Se dunque è questo il quadro e queste le pesanti e pericolose conseguenze dell'asimmetria informativa, dobbiamo necessariamente chiederci come la stessa possa essere colmata, o almeno mitigata, e dobbiamo farlo anche velocemente, dal momento che in questo preciso momento storico -  causa l'emergenza sanitaria in corso ed i provvedimenti sempre più restrittivi adottati dal nostro Governo - l'esigenza di avviare processi di riorganizzazione, ristrutturazione, ricapitalizzazione e rilancio delle imprese appare quantomai  necessaria ed urgente. Rilancio delle imprese che non potrà certamente prescindere dal ricorso al credito bancario, soprattutto ora che le banche sono state individuate come principale veicolo di elargizione della liquidità nell'ambito delle recenti misure varate a sostegno dell'imprenditoria.

Una cosa è certa: gli strumenti utilizzati sino a ieri da banche ed imprenditori sono già superati ed obsoleti. Le valutazioni basate sui multipli di Borsa o sulle transazioni commerciali comparabili hanno oramai perso di significato, in quanto difficilmente un'attività economica attuale potrà essere valutata sulla base di parametri del passato, che, in quanto tali, non possono naturalmente tener conto delle evoluzioni del mercato e del business causate dalla pandemia né, tantomeno, della specificità di ciascuna azienda.

Occorrerà dunque necessariamente attingere alle scienze aziendalistiche per trovare il "minimo comune denominatore" tra le informazioni in possesso dell'imprenditore e quelle che il sistema bancario dovrebbe invece acquisire per valutare l'azienda e le sue reali prospettive di ristrutturazione e rilancio, al fine di favorire così il restructuring delle sole imprese realmente risanabili. Entrano allora in gioco i cosiddetti "value drivers" (ovverosia le determinanti della creazione del valore), quindi quell'insieme di fattori, qualitativi e quantitativi, in grado di agire, influenzare e stimolare la capacità delle varie business units in cui è suddivisa l'azienda, con l'obiettivo di incrementare il valore globale. Da un lato, quindi, i fattori quantitativi che attengono alla sfera finanziaria dell'azienda ed alle sue prospettive future, dall'altro i fattori qualitativi inerenti al contesto strategico dell'azienda.

Il tutto deve necessariamente muovere dai seguenti assunti fondamentali: che le informazioni quantitative di bilancio siano affidabili, precise e tempestive e che l'imprenditore sia in grado di fornire altresì alla banca informazioni previsionali di natura economico-finanziaria attraverso budget e piani industriali credibili e sostenibili, così superando la sua naturale resistenza alla condivisione.

La banca, dal canto suo, nel valutare la meritevolezza del credito e le capacità di recupero del finanziamento erogato, non potrà più basarsi unicamente sugli attivi patrimoniali dell'impresa e sui piani economico-finanziari prodotti dall'imprenditore, ma dovrà necessariamente procedere all'esame ed all'attenta valutazione di quelle variabili fondamentali, di natura strategica, in grado di influenzare e generare flussi di liquidità da destinare al rimborso del finanziamento, quali, tra le più rilevanti: la storia dell'imprenditore e la sua competenza nel settore; la diversificazione dei clienti e dei prodotti per scongiurare i rischi di concentrazione; l'organizzazione aziendale con particolare attenzione al sistema delle deleghe, all'esistenza di procedure ed ai presidi di controllo interni; la sensibilità dell'imprenditore ad anticipare il passaggio generazionale affinché il futuro dell'azienda non rappresenti un'incognita almeno sotto il profilo della continuità del business; il piano di investimenti in innovazione e tecnologie dal momento che il mercato, come noto, premia l'innovazione efficace trasformandola in un importante vantaggio competitivo per l'impresa; la presenza di consulenti e professionisti esterni per far crescere l'attività minimizzando i rischi e massimizzando le performance; il grado di turnover dei dipendenti; la presenza di una solida cultura aziendale.

Sono dunque questi, e solo questi, i principali driver di valore, materiali ed immateriali che il sistema bancario non potrà esimersi dal valutare attentamente per determinare se la società sia stabile, duratura e abbia il giusto potenziale per crescere, così da permettere il rientro dell'investimento e/o il godimento di vantaggi futuri originati dalla relazione con l'imprenditore. "Solo in questo modo - come acutamente osservato da Enrico Salza, Presidente di San Paolo IMI Spa - il banchiere può ipotizzare quello che gli economisti chiamano "i diversi stati del mondo futuro" in base ai quali misurare la probabilità di insolvenza delle controparti entro intervalli di confidenza sufficientemente contenuti e redigere contratti completi capaci di imporre una puntuale disciplina del debito, prevedendo per ciascun "stato del mondo" condizioni contrattuali che governano il comportamento delle parti in causa".

Colmare dunque l'asimmetria informativa tra impresa e banca, integrando le informazioni quantitative con quelle di natura strategica – e così rinnovando la relazione tra Valore e Credito - appare, soprattutto oggi, l'unica strada percorribile per traghettare le forze economiche del nostro Paese verso la fine della crisi e, quindi, verso la ripresa economica.

Solo così sarà infatti possibile perseguire due obiettivi distinti ma convergenti: da un lato, migliorare la consapevolezza dell'imprenditore di sé e del suo business, rendendolo più responsabile ed imponendogli maggiore attenzione alla trasparenza, ai contenuti dell'informativa di bilancio, alla struttura economico-finanziaria della sua impresa nonché alle reali prospettive future del proprio business; dall'altro, disegnare un nuovo ruolo della banca che, attraverso una maggiore consapevolezza dei valori fondamentali dell'impresa e la conseguente selezione efficace delle imprese meritevoli, sia in grado di offrire, oltre al consolidamento dei rapporti di finanziamento tradizionali, anche nuove azioni correttive (private equity, corporate finance e venture capital) identificando e proponendo, ove necessario, le operazioni più idonee di finanza straordinaria che agevolino l'imprenditore nel raggiungimento di una composizione più equilibrata e più sostenibile delle fonti di finanziamento.