La Rivista
2020
N° 1 - 2 Gennaio - Giugno 2020
La tutela dei mercati: il reato di esercizio abusivo dell'attività finanziaria e i finanziamenti in pool
15/Aprile/2020
Attualità economiche sociali

di Dott. Francesco Frattaroli[1], Avv. Francesco De Ficchy[2]

Premessa.

L'ordine pubblico economico e la sicurezza economica costituiscono elementi cardine dei fondamenti costituzionali, garanti del corretto e regolare svolgimento del mercato.

Il legislatore con l'emanazione nel 1993 del testo unico bancario ("t.u.b.") ha regolamentato l'accesso al mercato finanziario a soggetti in possesso dei requisiti, inter alia, di: stabilità patrimoniale, onorabilità e professionalità.

La stabilità patrimoniale e l'affidabilità dell'intermediario sono considerati l'avamposto necessario per la tutela della stabilità del mercato finanziario e dei risparmiatori. Tali requisiti esprimono l'esigenza che la gestione di ingenti masse di denaro, ossia il risparmio diffuso di una parte della collettività, venga affidata ad operatori regolarmente iscritti ad un albo tenuto dalle autorità pubbliche di vigilanza.

La salvaguardia del risparmio richiede anche, e soprattutto, che il mercato finanziario sia caratterizzato da efficienza e trasparenza tali da generare fiducia nei risparmiatori. 

Le norme atte a presidiare l'accesso al mercato hanno l'obiettivo di proteggere i risparmiatori e, inoltre, svolgono la funzione di prevenire le infiltrazioni di capitali di provenienza illecita. Tale duplice tutela si inquadra perfettamente nella cornice costituzionale, sotto il profilo della garanzia della libertà d'impresa, della protezione degli interessi dei risparmiatori e, in chiave macroeconomica, della protezione del regolare funzionamento dei mercati. 

Il diritto penale soccorre come ulteriore mezzo di tutela per assicurare il perseguimento dei predetti obiettivi. In particolare, alle disposizioni riguardanti l'accesso al mercato bancario, finanziario e assicurativo fanno da completamento le norme che disciplinano l'esercizio di attività abusiva, ossia l'esercizio di un'attività riservata in assenza della prescritta autorizzazione rilasciata dall'autorità di vigilanza di settore. Si tratta di un corpus normativo fondamentale per poter cogliere la ratio sottesa alla tutela dei mercati e i fondamenti alla base della stessa, posto che l'esercizio abusivo di attività riservate rappresenta una reale minaccia alla tutela stessa.

In questo quadro, anche alla luce della recente sentenza della Cass. n. 12777 del 2019, assume particolare rilievo l'art. 132 t.u.b. -  il reato di esercizio abusivo di attività finanziaria - che sanziona chiunque svolga nei confronti del pubblico una o più delle attività finanziarie previste dal t.u.b. "in assenza dell'autorizzazione di cui all'articolo 107 o dell'iscrizione di cui all'articolo 111 ovvero dell'articolo 112".

La sentenza della Cassazione in tema di banche fronting e i finanziamenti in pool.

Le operazioni di finanziamento in pool realizzate da una banca italiana con la diretta partecipazione di un istituto di credito straniero non autorizzato ad operare nel territorio nazionale, costituiscono esercizio abusivo di attività finanziaria ai sensi dell'art. 132 t.u.b. In particolare, tale fattispecie di reato è integrata anche quando, sul piano giuridico, tali operazioni siano formalmente regolate da una convenzione interbancaria, articolata secondo lo schema del mandato senza rappresentanza.

Così si è pronunciata la Cassazione penale, nella sentenza n. 12777 del 22 marzo 2019. I giudici di legittimità hanno confermato la valutazione operata dai giudici di appello, i quali avevano emesso sentenza di condanna per esercizio abusivo di attività finanziaria ai sensi dell'art. 132 t.u.b. nei confronti di alcuni amministratori di due istituti di credito coinvolti in una serie di complesse operazioni finanziarie. Tali operazioni vedevano la banca italiana erogare finanziamenti ai propri correntisti tramite fondi provenienti in gran parte da una banca straniera, non autorizzata all'esercizio di tale attività, operando mediante lo schermo del mandato senza rappresentanza.  

Il formale conferimento di un mandato senza rappresentanza all'istituto di credito italiano, tuttavia, non può escludere la riconducibilità dell'attività finanziaria anche alla banca mandante priva di autorizzazione posto che, nell'interpretazione della fattispecie incriminatrice, la valutazione dell'operazione concretamente realizzata deve necessariamente prevalere sulla forma negoziale adottata dagli agenti per il suo svolgimento.

Pertanto, in presenza di inequivoci «indici sintomatici» - su tutti, il riparto del rischio di insolvenza tra i due istituti, i poteri di ingerenza e controllo della banca straniera e la sua maggiore quota di partecipazione al finanziamento - il mandato senza rappresentanza deve considerarsi diretto a dissimulare lo svolgimento di attività finanziaria da parte di un soggetto non autorizzato. 

Con tale sentenza, la Corte di Cassazione ha ribadito che «la fattispecie penale è posta a tutela della funzione di controllo delle attività finanziarie». Gli interessi sottesi all'iscrizione nell'albo degli intermediari finanziari e all'autorizzazione di Banca d'Italia concernono, infatti, il controllo preventivo e la vigilanza sulle attività creditizie e di finanziamento, l'esercizio regolare delle attività bancarie e dei servizi di finanziamento e, inoltre, l'ostacolo alla penetrazione nel mercato creditizio e finanziario di capitali di illecita provenienza.

Lo svolgimento di attività riservate da parte di soggetti non autorizzati altera il corretto agere del mercato, rilevando un detrimento ai beni giuridici costituzionali della libertà di iniziativa economica e della tutela del risparmio previsti rispettivamente dagli artt. 41 e 47 della Costituzione.

[1] Collaboratore del dipartimento di banking and finance della sede di Londra dello Studio Legale Bonelli Erede with Lombardi.

[2] Avvocato del dipartimento di banking and finance dello Studio Legale Pavia e Ansaldo e collaboratore della Cattedra di Diritto Commerciale della facoltà di Giurisprudenza dell'Università Roma TRE.