La Rivista
2020
N° 1 - 2 Gennaio - Giugno 2020
ASviS: urge un patto con governo ed imprese per la sostenibilità strategica.
31/Maggio/2019
Attualità economiche sociali

Lo scorso 29 maggio si è tenuto, a Milano, il Festival dello Sviluppo Sostenibile in cui l'ASvis (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) ha fatto un punto sulla situazione italiana, nell'ottica della sostenibilità. Per meglio comprendere quanto emerso, bisogna fare un passo indietro ed andare al 2015, quando le Nazioni Unite approvarono  l'Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile e i relativi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs nell'acronimo inglese), articolati in 169 Target da raggiungere entro il 2030. In pratica, in quella sede:

  • È stato espresso un chiaro giudizio sull'insostenibilità dell'attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale. In tal modo, ed è questo il carattere fortemente innovativo dell'Agenda, viene definitivamente superata l'idea che la sostenibilità sia unicamente una questione ambientale e si afferma una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo;
  • tutti i Paesi sono chiamati a contribuire allo sforzo di portare il mondo su un sentiero sostenibile, senza più distinzione tra Paesi sviluppati, emergenti e in via di sviluppo, anche se evidentemente le problematiche possono essere diverse a seconda del livello di sviluppo conseguito. Ciò vuol dire che ogni Paese deve impegnarsi a definire una propria strategia di sviluppo sostenibile che consenta di raggiungere iSustainable Development Goals (SDGs), rendicontando sui risultati conseguiti all'interno di un processo coordinato dall'Onu;
  • l'attuazione dell'Agenda richiede un forte coinvolgimento di tutte le componenti della società, dalle imprese al settore pubblico, dalla società civile alle istituzioni filantropiche, dalle università e centri di ricerca agli operatori dell'informazione e della cultura.

Il processo di cambiamento del modello di sviluppo viene, dunque, monitorato attraverso un complesso sistema basato su 17 Obiettivi, 169 Target e oltre 240 indicatori. Ed è rispetto a tali parametri che ciascun Paese è valutato, periodicamente, in sede Onu e dalle opinioni pubbliche nazionali e internazionali. 

Fig.2 

Torniamo ad oggi e vediamo qual è la posizione del nostro Paese al riguardo. Secondo il rapporto Asvis 2018 (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) l'Italia è decisamente fuori gioco: i dati forniti peggiorano in povertà, disuguaglianze e qualità dell'ambiente. Ciò vuol dire che siamo molto lontani dai 17 obiettivi di sviluppo elencati dalle Nazioni Unite.L'Italia sta perdendo la sfida dello sviluppo sostenibile, quella declinata nei 17 obiettivi dell'Agenda 2030. E anche negli ambiti in cui si registrano miglioramenti, a meno di immediate azioni concrete e coordinate, sarà impossibile rispettare gli impegni presi dal nostro Paese il 25 settembre del 2015 all'Assemblea Generale dell'Onu. In particolare, tra il 2010 e il 2016, l'Italia è peggiorata in cinque aree: povertà (Goal 1), condizione economica e occupazionale (Goal 8), disuguaglianze (Goal 10), condizioni delle città (Goal 11) ed ecosistema terrestre (Goal 15). Per quattro indicatori la situazione è rimasta invariata: acqua e strutture igienico-sanitarie (Goal 6), sistema energetico (Goal 7), condizione dei mari (Goal 14) e qualità della governance, pace, giustizia e istituzioni solide (Goal 16). Segni di miglioramento si registrano, invece, per alimentazione e agricoltura sostenibile (Goal 2), salute (Goal 3), educazione (Goal 4), uguaglianza di genere (Goal 5), innovazione (Goal 9), modelli sostenibili di produzione e di consumo (Goal 12), lotta al cambiamento climatico (Goal 13), cooperazione internazionale (Goal 17).

Se non si vuole fare restare lo Sviluppo sostenibile pura utopia, è necessaria un'inversione di rotta, un urgente cambio di passo, con proposte concrete, a cui seguano immediate azioni. Sono già trascorsi quattro anni da quando sono stati dati gli obietti ASviS da raggiungere e, ad oggi, non vi è una governance che orienti le politiche allo sviluppo sostenibile. Il 2030 è dietro l'angolo e molti di questi obiettivi vanno raggiunti entro il 2020. Oltre all'immediata adozione di interventi specifici in grado di farci recuperare il tempo perduto sul piano delle politiche economiche, sociali e ambientali, l'ASviS, in occasione del Festival di ieri, chiede al Presidente del Consiglio di attivare subito la Commissione nazionale per l'attuazione della Strategia per lo Sviluppo Sostenibile, di trasformare il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) in Comitato Interministeriale per lo Sviluppo Sostenibile e di avviare il dibattito parlamentare sulla proposta di legge per introdurre il principio dello sviluppo sostenibile in Costituzione, al fine di garantire un futuro a questa e alle prossime generazioni.

In particolare, nel nostro Paese, secondo l'ASviS, vi è urgenza di introdurre lo sviluppo sostenibile tra i principi fondamentali della nostra Costituzione; attivare a Palazzo Chigi la Commissione nazionale per lo sviluppo sostenibile prevista dalla Direttiva della Presidenza del Consiglio del 16 marzo; dotare la Legge di Bilancio di un rapporto sull'impatto atteso sui 12 indicatori di Benessere Equo e Sostenibile (BES) entrati nella programmazione finanziaria. Ancora: adottare un'Agenda urbana nazionale basata sugli SDGs, che si proponga come l'articolazione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile per le aree metropolitane; istituire presso la Presidenza del Consiglio un organismo permanente per la concertazione con la società civile delle politiche a favore della parità di genere; predisporre `linee guida´ per le amministrazioni pubbliche affinché applichino standard ambientali e organizzativi che contribuiscano al raggiungimento degli SDGs. E infine: intervenire con la Legge di Bilancio o con altro strumento normativo agile per assicurare il conseguimento dei 22 Target che devono essere raggiunti entro il 2020; allargare l'insieme di imprese soggette all'obbligo di rendicontazione non finanziaria, strumento ormai indispensabile per accedere al crescente flusso di investimenti attivati dalla "finanza sostenibile".