La Rivista
2020
N° 1 - 2 Gennaio - Giugno 2020
Considerazioni sulla lettera del Ministro Di Maio alla Confindustria
14/Dicembre/2018
Attualità economiche sociali

Il Ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, ha recentemente scritto una lettera, indirizzata al Sole 24 Ore, principale organo di informazione della Confindustria, nel tentativo di ricucire uno strappo sempre più marcato fra l'esecutivo e il mondo degli industriali italiani. Questa la notizia ed il motivo che ha spinto il Ministro a vergare una missiva piena di buone intenzioni.

L'analisi dei contenuti diviene più complessa, dal momento in cui l'atteggiamento di Di Maio – ed in generale di molti componenti del Governo – è diventato un rebus per il mondo della Confindustria, disorientata da sempre nuove promesse, rimaste fin qui disattese, con il risultato di aver instaurato il clima peggiore per la vita delle aziende: una confusione che, a fronte di mercati già agitati, diventa insostenibile per ogni tipo di programmazione, investimenti etc.

Il Ministro, aprendo ad un sano confronto fra Confindustria e Governo, sottolinea l'importanza delle PMI nella struttura dell'economia italiana, annunciando, con un emendamento alla legge di Bilancio, che lo Stato pagherà, in collaborazione con CdP, il 50% del dovuto alle imprese, entro il 2019.

Da questo momento la lettera  inizia a diventare un percorso di promesse tanto importanti quanto difficili da mantenere, almeno nel breve periodo.

Si comincia con un evergreen: "iniziamo ad abbassare le tasse". Il Ministro conferma di essere partito dai più piccoli, e cioè, da un'aliquota fissa al 15% che riguardi le partite Iva e le piccole imprese fino a 65.000 euro di fatturato, coinvolgendo, in tal modo, un milione di 13lavoratori.

Nel piano prospettato, a partire dal 2020, un'aliquota al 20% viene estesa alle imprese e agli autonomi, fra i 65.000 mila e i 100.000 euro annui.

La road map continua con l'intenzione di "abbassare sensibilmente l'Ires. La riduciamo di 9 punti, dal 24% al 15%", scrive Di Maio, rilanciando ancora su stesso: "raddoppiamo la deducibilità dell'IMU per i capannoni, portandola dal 20% al 40%"; "abbasseremo il costo del lavoro. Intanto abbiamo introdotto per tutto il 2019 un superbonus, sotto forma di sgravio contributivo, fino a 8 mila euro annui".

Ogni riga, vergata con la determinazione di chi è certo delle sue ragioni, corrisponde ad uno sgravio, ad una tassa in meno, ad un sensibile alleggerimento della pressione fiscale. Nella seconda parte della missiva invece, si prospetta una progettualità dall'ampio respiro, che riguarda più settori come il primo fondo italiano d'investimento a sostegno del Venture Capital, dove si vuole investire un miliardo di euro.

Di Maio promette una collaborazione forte con CdP che ha pronto "un vero e proprio bazooka, con oltre 200 miliardi di euro di risorse , per i prossimi 3 anni, a sostegno del rilancio del Paese".

La stessa CdP, la cui governance è stata riformata dal Governo gialloverde, avrà un ruolo centrale nel tanto atteso piano sulle infrastrutture, materiali e  digitali. Collateralmente,si promette una riformulazione rapida del tanto contestato Codice degli Appalti, colpevole numero uno nelle lungaggini burocratiche collegate ai lavori commissionati dallo Stato, secondo imprese e associazioni di categoria. Altresì, si annuncia l'apertura di un tavolo permanente per le richieste delle PMI al Ministero dello Sviluppo Economico.

Di fronte a tanti numeri e promesse di concretezza, è difficile non rimanere affascinati, ma, superato lo shock emozionale, al Ministro non si può non contestare uno scarto intellettuale fra i numeri della realtà e i sogni. C'è una realtà europea - entro cui l'Italia agisce -  sempre più in affanno. Il Paese è sempre più appesantito dal debito e  soggetto, nei suoi parametri di bilancio, agli scatti dello spread, che ne limitano fortemente la capacità d'azione.

Allo stesso tempo, sorprende che il leader di un partito che ha stravinto al Sud d'Italia non faccia mai riferimento ad un piano per rilancio del Mezzogiorno, territorio in cui, è bene ricordarlo, esistono anche aziende floride che necessitano di sostegno particolare per stare sul mercato.

Abbassare le tasse, in un Paese con una delle pressioni fiscali più alte al mondo, è cosa buona e giusta, ma il quadro dentro il quale si vogliono inserire queste sforbiciate non è il più agevole, a meno che non si vogliano tagliare i servizi o, come spesso è successo ad altri Governi, togliere imposte da una parte ed aumentarle dall'altra.

Altro dubbio: per quello che viene promesso oggi, quanto tempo occorre alla realizzazione?  Ciò che chiede Confindustria sono linee programmatiche comprensibili e tempistiche certe, oltre che l'assolvimento di impegni già presi (TAV, TAP, Terzo Valico etc,).

La chiarezza e la coerenza sono elementi centrali per mantenere in vita un'industria che si deve confrontare, a livello europeo ed internazionale, dentro un'economia che tende sempre più ad indebolirsi, sotto gli strali del Presidente Trump.

 

 

 

 

 

Le opinioni espresse nelle news sono a cura della direzione e non coinvolgono assolutamente i membri del comitato scientifico di Tempo Finanziario.