La Rivista
2020
N° 1 - 2 Gennaio - Giugno 2020
La giornata parlamentare dell'8 maggio 2020
10/Maggio/2020
Politica

Gentiloni chiarisce che non ci sarà nessuna condizionalità per crediti Mes

Nelle nuove linee di credito del Mes per la pandemia del Coronavirus "non ci sono condizionalità finanziarie", ma solo l'obbligo, per chi li richiede, di utilizzare i prestiti, vantaggiosi perché a bassi tassi d'interesse e a lunga scadenza, solo per la spesa sanitaria e di prevenzione legata al Covid-19. L'ha chiarito il Commissario europeo agli Affari economici e finanziari Paolo Gentiloni che in un'intervista ha dichiarato: "Domani l'Eurogruppo deve cercare di dare attuazione alla decisione di due settimane fa dei Capi di stato e di governo. Sono decisioni comuni che cercano di dare un contributo dell'Unione Europea alla situazione di crisi in cui ci troviamo", ha detto Gentiloni, precisando che ci sono "problemi distinti": le misure a sostegno dei sistemi di nazionali di cassa integrazione, il sostegno alla liquidità da parte della Banca Europea degli investimenti per le Pmi, e il sostegno alla spesa sanitariacon le linee di credito attraverso il Mes (Meccanismo europeo di stabilità). Proprio sul Mes, insieme al vicepresidente esecutivo della Commissione Valdis Dombrovskis, il Commissario italiano ha scritto una lettera al presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno "per ribadire qualche dettaglio tecnico", ha detto Gentiloni. La lettera conferma che la Commissione non intende applicare nessun'altra condizione ai Paesi che chiederanno di accedere alla nuova linea di credito, a parte quella relativa alla destinazione dei fondi alla spesa sanitaria e di prevenzione, che non ci saranno missioni d'ispezione e verifica come quelle della famigerata Troika negli anni della crisi del debito sovrano, e che non ci sarà una richiesta di programmi macroeconomici con sorveglianza di bilancio rafforzata sui Paesi richiedenti. 

Gentiloni ha poi ricordato che "Queste linee di credito facilitate hanno un tetto massimo per ciascun Paese che è il 2% del PIL. Il che vuol dire, per l'Italia, circa 36 o 37 miliardi. L'accesso a queste linee di credito è uguale per tutti, possono chiederlo tutti gli Stati membri; ma ovviamente è più vantaggioso per Paesi che hanno dei tassi d'interesse più elevati, che hanno convenienza ad avere prestiti con una scadenza piuttosto lunga e tassi d'interesse più bassi di quelli che normalmente avrebbero Paesi come la Spagna o l'Italia; questo è il vantaggio: lunga scadenza e tassi d'interesse più favorevoli". Quanto alle temute condizionalità, "non ci sono", ha confermato Gentiloni. "Ho visto che in Italia c'è stata effettivamente una grande discussione, si parlava di Troika; ma non c'è mai stata nessuna ipotesi di questo genere. Il motivo di questa discussione io lo capisco benissimo, intendiamoci, non vivo sulla luna. Deriva dal fatto che questo strumento, il Mes, è stato utilizzato per la prima volta in modo molto massiccio per un piano di salvataggio, di un paese, la Grecia, imponendogli delle condizioni draconiane attraverso la famosa Troika. Ma qui di Troika non si è mai parlato, se non in alcuni commenti, che ho anch'io ascoltato, e che ovviamente rispetto. Qui si parla solo di una condizionalità che è scritta nelle decisioni del Consiglio europeo, oltre che dei Ministri dell'economia: che è la rispondenza, la coerenza, tra le spese che vengono fatte e gli obiettivi che sono indicati".

Intesa vicina su migranti, ma è ancora scontro nella maggioranza

La maggioranza ha firmato una tregua sulla regolarizzazione dei migranti, ma è ancora in rotta su un vasto spettro di altri argomenti: dalla velocità della ripartenza, all'intervento dello Stato nelle imprese, al ruolo del Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Tanto che, nelle more dell'accordo sui braccianti, per voce del senatore Francesco Laforgia, Leu ha chiesto "una verifica seria sul progetto che ci tiene insieme". E anche il segretario del Pd Nicola Zingaretti ha ragionato su un ipotetico scenario di crisi: "Se questo Governo non ce la fa, vedo difficile che si possa riproporre una maggioranza diversa". Per i dem, quindi, vale la linea del Colle: se cade il Conte bis, si va al voto. L'alleato meno integrato è Italia Viva, che minaccia il passo indietro dal Governo; il vertice con i renziani convocato dal premier Giuseppe Conte è servito ad allentare un po' la tensione, ma non a colmare le distanze. L'incontro è stato positivo e il Presidente del Consiglio ha ribadito la sua "totale disponibilità a discutere le proposte di Iv per la ripresa economica del Paese". E anche Matteo Renzi si è definito contento perché "il premier ha detto: siamo pronti ad ascoltare la proposta di Iv. Speriamo che la proposta smetta di essere una proposta, basta portarla in cdm e votarla". 

Il ministro dell'Agricoltura Teresa Bellanova, che sul tema migranti aveva messo sul piatto le sue dimissioni, ha assicurato che "Italia Viva continuerà a lavorare per il Paese". Restano le richieste di Iv: "Un progetto per l'Italia, come Italia Shock: investimenti, infrastrutture, opere pubbliche". Insomma una tregua, ma armata: "Io faccio il tifo per il Governo perché tifo per l'Italia - ha detto Renzi - poi i risultati parleranno". La giornata ha comunque registrato la chiusura di un fronte di attrito, quello sui migranti, con la quasi-intesa su una proroga di tre mesi del permesso di soggiorno per i braccianti (ma anche colf e badanti) che abbiano un contratto scaduto da lavoratore stagionale. La soluzione, che potrebbe trovare casa nel decreto maggio, ha messo d'accordo il ministro Bellanova, che aveva chiesto di allargate al massimo le maglie della regolarizzazione, e il M5S: "Noi diciamo no", aveva ripetuto in mattinata il capo politico Vito Crimi salvo poi accettare con il silenzio-assenso il compromesso a scadenza. Ma Leu non è soddisfatta e parla di "compromesso al ribasso". E nel centrodestra, compattamente contrario, c'è chi pensa alla piazza: "Se ci sarà una sanatoria di centinaia di migliaia di abusivi - ha detto Matteo Salvini - protesteremo sia nelle aule del Parlamento che fuori". 

Pronta la mozione di sfiducia a Bonafede. Intanto il Governo lavora al dl mafia

L'obiettivo del centrodestra è chiaro: calendarizzare nello stesso giorno la mozione di sfiducia a Roberto Gualtieri e quella ad Alfonso Bonafede. Oppure, qualora le distanze tra Iv e le altre forze politiche che sostengono il Governo dovessero persistere, prendere ancora tempo e rinviare la verifica a palazzo Madama sul Guardasigilli. La maggioranza prepara la difesa all'assalto che il centrodestra ha intenzione di portare al Governo; cruciali saranno il ruolo e i numeri di Italia viva,  e il presidente del Consiglio Conte con l'incontro con Iv ha sminato il terreno per evitare che possano esserci incidenti al Senato. Del resto la mozione di sfiducia a Bonafede è un atto politicò con il quale FI, Lega e Fdi puntano, come risultato minimo, a screditare il Ministro, "far emergere la sua incompetenza e la sua inadeguatezza" sull'esempio già attuato con l'ex responsabile delle Infrastrutture Danilo Toninelli dopo il crollo del Ponte Morandi. La mozione del centrodestra parte dal caso Di Matteo per poi passare alle rivolte scoppiate nelle carceri durante il propagarsi del coronavirus per poi affrontare anche il caso che ha sollevato clamore della scarcerazione di numerosi boss mafiosi

Il Governo è intanto al lavoro sul decreto legge che punta a riportare i boss mafiosi in carcere o in strutture ad hoc (ospedali o spazi sanitari adeguati) mentre a preoccupare l'esecutivo è una nuova lista di capimafia che potrebbero chiedere la scarcerazione. L'input a stringere in tempi brevi sul dl mafiaalla maggioranza sarebbe arrivato non solo dal ministro Bonafede ma direttamente dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. L'intenzione del Guardasigilli sarebbe di accelerare ma dipenderà dai tempi di stesura della norma che dovrebbe disporre la necessità che i giudizi di sorveglianza facciano entro breve tempo una nuova valutazione sulle scarcerazioni avvenute, sulla base dei recenti dati epidemiologici. Ma proprio per la complessità della misura è possibile che la riunione possa tenersi domani o domenica, inserendo la norma magari nello stesso Consiglio dei ministri che varerà il decreto maggio sulle misure economiche. Bonafede sta approntando il testo del decreto che verrà poi sottoposto agli alleati e che dovrà passare l'esame del Cdm e finire sul tavolo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

L'accordo ancora non c'è: il decreto maggio slitta ancora

Liti nella maggioranza sugli aiuti alle imprese e Regioni che lamentano risorse inadeguate e bisticciano con l'Inps sui ritardi della Cig in deroga. La tensione rimane altissima e il nuovo decreto economico atteso in aprile e poi a inizio settimana slitta ancora, al fine settimana o all'inizio della prossima. Nonostante il susseguirsi di riunioni tecniche e politiche e gli Uffici che producono calcoli e simulazioni a pieno regime, il Governo non riesce a chiudere la maxi-manovra da 55 miliardi, tanto che si inizia a ipotizzare anche uno spacchettamento delle misure, per accelerare almeno sui capitoli su cui c'è accordo. Di sicuro ci saranno buoni fino a 500 euro per le biciclette, con 125 milioni a disposizione, come ha spiegato il Ministro dell'Ambiente Sergio Costa; il superbonus sui lavori green scatterà da luglio, come ha ribadito il sottosegretario alla presidenza Riccardo Fraccaro. Ma i dettagli da mettere a punto sono ancora molti, a partire, appunto, dal pacchetto per le imprese. Italia Viva rimane contraria a ipotesi d'ingressi diretti dello Stato nel capitale delle Pmi, perché si rischia di "sovietizzare l'Italia", tuona Matteo Renzi dopo una intervista del Dem Andrea Orlando che, secondo la titolazione del quotidiano, avrebbe aperto all'idea non solo di ricapitalizzazioni ma anche di posti destinati all'azionista pubblico nei cda delle aziende. "Non è intenzione del Governo entrare nel Cda delle imprese", scandisce il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli. Ma lo scontro va avanti da giorni, e le rassicurazioni del ministro dell'Economia Roberto Gualtieri nelle riunioni notturne di inizio settimana sul fatto che lo Stato non interverrà nella governance né avrà il controllo delle aziende non sono bastate a placare i sospetti dei renziani. 

Che continuano a chiedere di estendere i limiti di fatturato per i ristori a fondo perduto, ora pensati per le piccole imprese, fino a 5 milioni (in base al danno subito, si valuta fino al 20%), ma anche di pensare al taglio di parte delle tasse al momento sospese (che dovrebbero con il nuovo decreto slittare ancora da giugno a settembre) o a crediti d'imposta per chi immette risorse fresche nella sua azienda. Incentivi fiscali per gli apporti di capitali privati, in effetti, sarebbero allo studio, ma per accompagnare il sistema che vedrebbe lo Stato parte attiva del rafforzamento delle medie imprese, quelle tra 5 e 50 milioni di fatturato. Si starebbero comunque valutando anche alternative al meccanismo del "pari passu", cioè iniezione di capitale privato ed equivalente quota pubblica, che non piace a Confindustria e potrebbe non conciliarsi con le nuove regole Ue sugli aiuti di Stato che dovrebbero essere annunciate a breve. Bruxelles potrebbe non dare il via libera all'intero schema (che si potrebbe così applicare in automatico) ma chiedere comunque singole istruttorie e dovrebbe segnare i confini anche per l'intervento di Cdp, e delle sue omologhe europee, a sostegno delle grandi imprese in difficoltà. Oltre alle imprese, anche i governatori aprono un nuovo fronte: troppo poche le risorse per garantire i servizi senza chiedere più soldi ai cittadini, dice il presidente della Liguria Giovanni Toti, chiedendo un incontro urgente al Governo. Intanto per velocizzare i meccanismi della Cig in deroga, dopo le "spiacevoli parole" di Pasquale Tridico sulle responsabilità dei ritardi, a un tavolo degli assessori con il ministro Nunzia Catalfo si è stabilito di creare un gruppo di lavoro ad hoc.