La Rivista
2020
N° 1 - 2 Gennaio - Giugno 2020
Realismo per attuare le infrastrutture: superare i vincoli operativi
08/Ottobre/2018
Attualità economiche sociali

La 50° Giornata del Credito, organizzata dall'ANSPC (www.anspc.it) e celebrata il 4 ottobre presso la Sala della Clemenza all'ABI, con un panel di autorevoli relatori (Abete, Boccia, Farina, Genovese, Messori, Miccichè, Patuelli, Pellicanò), ha posto al centro del dibattito tre pilastri del nuovo ciclo economico cui stiamo andando incontro: credito, competitività e competenza.
Il tema delle infrastrutture, si inserisce in questo contesto. A seguito alla tragedia di Genova, del 14 agosto u.s., con il crollo del Ponte Morandi, l'opinione pubblica e le associazione di categoria sono tornate a chiedere al Governo, ufficialmente ben disposto verso questo obiettivo, un piano organico di investimenti nelle infrastrutture, da svilupparsi in un termine medio – lungo.
Per sottolineare l'importanza del tema, basti ricordare che la Sace ha calcolato come il gap infrastrutturale e logistico provochi all'Italia una perdita di export pari a 70 miliardi di euro.
La situazione degli investimenti in infrastrutture è stata illustrata in una sezione del brillante documento presentato, il 3 ottobre u.s., dal Centro Studi di Confindustria, guidato dal Prof. Andrea Montanino e intitolato "Dove va l'economia italiana e gli scenari di politica economica".
Secondo i dati presentati, nel periodo fra il 2009 e il 2017 gli investimenti in infrastrutture pubbliche sono caduti da 29 a 16 miliardi di euro.
Nel documento si sottolinea l'importanza di un piano infrastrutturale per l'Italia, capace di sedurre i mercati finanziari internazionali, oltre che la UE, ma vengono anche ricordate le criticità attorno al sistema, primr fra tutte, le difficoltà di coinvolgere capitali privati e collaborare con le imprese operanti.
Le ragioni del ritardo italiano nel coinvolgimento di capitali privati sono sintetizzabili nell'elevato contenzioso, nell'assenza di standardizzazione contrattuale, nella carenza di programmazione pubblica.
Vincoli che ancora persistono e portano ad oltre 21 miliardi di euro la cifra delle opere bloccate, per un totale di 270 casi segnalati in tutta Italia, con un saldo negativo di 330 mila posti di lavoro in meno e 75 miliardi euro di mancate ricadute sull'economia.
La burocrazia pesa cosi tanto sulla realizzazione di un'opera pubblica medio – grande da occupare, il 54,3% del tempo di lavoro in procedure: per un'opera di 15 anni e 9 mesi, vengono persi 8 anni nell'assolvimento di carte, permessi, certificazioni etc., e questo solo dopo aver atteso almeno dieci mesi per l'avvio del progetto.
L'attuale Codice degli Appalti, nato, fra l'altro, per porre dei cavalli di frisia fra le mafie ed il mondo degli appalti, è il grande accusato da parte delle aziende costruttrici e dalle Associazioni di categoria, additato come la principale causa di rallentamenti e problemi procedurali.
Bisogna ricordare che la capacità produttiva di un sistema dipende, in buona misura, da investimenti, pubblici e privati, in infrastrutture fisiche, le quali producono effetti moltiplicativi di lungo periodo, sul PIL, superiori all'unità, toccando i trasporti, l'energia, le telecomunicazioni, l'informatica.
Con le stime di crescita necessarie per mantenere il nuovo rapporto deficit/PIl, gli investimenti in infrastrutture sono sempre più necessarie.
Considerati, però, i vincoli precedenti, si può pensare che la loro efficacia, al fine di un sostegno produttivo, può esserci solo nel medio periodo, e dopo che siano state sistemate norme e procedure.
Pertanto, più che enunciare cifre di impegno nel settore, bisogna attivarsi con particolare fervore per eliminare ogni "collo di bottiglia" che frena, demotiva e deresponsabilizza.