La Rivista
2020
N° 1 - 2 Gennaio - Giugno 2020
Oro, oro delle mie brame
02/Aprile/2019
Attualità economiche sociali

È guerra aperta nel chiarire la proprietà dell'oro detenuto nelle casseforti della Banca d'Italia. 

Una vera corsa all'oro, potremmo definirla, quella che si sta sviluppando tra Fratelli d'Italia, Lega e Cinque Stelle nel rivendicare la battaglia sulle riserve auree di Palazzo Koch. Quei lingotti d'oro, tanto ambiti, che si trovano da decenni in Bankitalia, intoccabili, finora, a chi appartengono realmente?  Alla Banca centrale o agli italiani? I nostri politici rivendicano la proprietà nazionale, mentre  Mattarella, Visco e Draghi optano, senza dubbio alcuno, per la prima risposta. 

Mercoledì 3 aprile, in Senato sarà votata una mozione,  presentata da Alberto Bagnai (Lega) e Laura Bottici (M5s) proprio per definire la legittima proprietà dell'oro. Da qui, ovviamente, si determinerà il suo utilizzo.

Ma perché tanta bramosia proprio oro? Lo scopo del governo gialloverde è quello di usare una parte delle riserve auree della Banca d'Italia, per evitare una manovra correttiva e l'aumento dell'Iva nella legge di Bilancio del prossimo anno. Infatti, stando alle stime fatte, dalla vendita di una parte dell'oro si potrebbero ricavare circa 15-20 miliardi di euro, necessari  per evitare l'aumento dell'Iva.

Parliamo di un patrimonio di circa 2.545 tonnellate metriche di lingotti d'oro , affiancate da monete d'oro. Dopo Stati Uniti e Germania, possediamo la terza riserva aurea al mondo. L'oro situato nella Banca Centrale è uno degli asset detenuto come garanzia del sistema economico del Paese.

 "Le riserve auree – fanno sapere da Bankit-  hanno la funzione di rafforzare la fiducia nella stabilità del sistema finanziario italiano e della moneta unica. Questa funzione diviene più importante quando le condizioni geopolitiche o la congiuntura economica internazionale possono generare rischi aggiuntivi per i mercati finanziari (ad esempio, crisi valutarie o finanziarie)".  Ma c'è di più: "L'importanza delle riserve nazionali è riconducibile, in primo luogo, alla possibilità che la BCE richieda, al verificarsi di determinate condizioni, il conferimento di ulteriori riserve. Inoltre, le riserve nazionali consentono alla Banca d'Italia sia di espletare il servizio del debito in valuta del Tesoro (evitando così eventuali effetti distorsivi sul mercato), sia di adempiere agli impegni nei confronti di organismi finanziari internazionali, come il Fondo Monetario Internazionale. Da ultimo, quale parte integrante delle riserve dell'Eurosistema, le riserve nazionali contribuiscono a sostenere e ad alimentare la credibilità del Sistema europeo delle banche centrali".

Dunque, è fortemente rivendicata la proprietà di quei lingotti da parte della Banca Centrale, proprio a tutela della stabilità economica nazionale, in quanto, se venissero meno, non vi sarebbe alcunché da dare in pegno o, comunque, su cui potere appoggiarsi.

Si tratta di una colonna d'Ercole che non va oltrepassata, l'ultima spiaggia che non va percorsa perché indietro non si torna. Una volta venduto, l'oro non si riforma e nulla più avrebbe, il nostro Paese, come roccaforte del sistema economico.

 Recentemente, prima di rassegnare le dimissioni, Salvatore Rossi, Direttore Generale della Banca d'Italia fino allo scorso marzo, aveva rilasciato un'intervista in cui affermava  che sull'aspetto giuridico di chi sia la proprietà legale dell'oro si pronuncerà la Bce, a cui abbiamo ceduto la sovranità quando è stato creato l'euro. 

La Bce possiede, infatti,  nel complesso circa 504,8 tonnellate di riserve, conferite a garanzia dalle banche centrali nazionali, in occasione dell'avvio dell'unione monetaria, di cui 141 tonnellate conferite dalla Banca d'Italia.

Sembra un braccio di ferro senza fine, quello che si sta costantemente creando tra la Banca d'Italia e l'attuale Governo. Non una collaborazione in nome del benessere nazionale ma una vera, nella quale ribadire il proprio ruolo di primo condottiero.  E ora, siamo difronte all'ennesima battaglia , dove la nostra maggioranza politica rispolvera la tentazione di utilizzare le riserve dell'istituto centrale per coprire parte delle spese pubbliche. Dall'altra parte, invece, a combattere c'è una Istituzione che ribadisce la propria indipendenza, nell'interesse del Paese. Chi la vincerà? Non ci resta che aspettare e vedere, con la speranza, però, che non si cerchi di contenere la crescita del già criticato debito pubblico utilizzando le riserve auree, invece di ricorrere alla più difficile opera, e meno elettoralmente scontata, del contenimento delle spese.

Le opinioni espresse nelle news sono a cura della direzione e non coinvolgono assolutamente i membri del comitato scientifico di Tempo Finanziario.