La Rivista
2020
N° 1 - 2 Gennaio - Giugno 2020
Le colpevoli contraddizioni fra alcol e sigarette, cinema e tv
20/Gennaio/2020
Attualità economiche sociali

di Lorenzo Guidantoni

Il fumo crea dipendenza, l'alcol rovina la vita, le droghe leggere sono il preludio al disfacimento mentale e fisico, quelle pesanti scassano il cervello. Quanto elencato è scientificamente provato: "nessuna rima, nessun decoro", come citava il libertino Conte di Rochester, John Wilmot, la verità non accetta trucchi.

Eppure, all'inizio del 2020, il mondo televisivo e cinematografico non può fare ancora a meno di una vecchia idea: il fumo è roba da uomini duri, l'alcol consola i disperati, le droghe e il mondo a loro attorno sono terribilmente affascinanti, una tentazione da sublimare con gli occhi per chi non ha il coraggio di provare.

La pubblicità indotta è sempre esistita nel cinema. Pensare ad Humphrey Bogart nel bar di Casablanca senza la sua sigaretta, non vorrebbe semplicemente significare una nuvola di fumo in meno nell'inquadratura, ma anche rinunciare alla rassegnata nebulizzazione e persistenza di un amor perduto.

Oggi, però, nonostante la consapevolezza del danno provocato, si insiste sulle figure retoriche su citate. 

Eppure siamo nell'epoca del politically correct, nell'era del bio, del corpo come tempio, nella disperata ricerca di contenere una spesa sanitaria che per i soli fumatori si attesta, come riportato dalla Fondazione Veronesi, intorno ai 1.436 miliardi di dollari all'anno, fra spese dirette (cure) ed indirette (calo della produttività).

Al fondo del problema salute, l'induzione al consumo di tabacco, alcol e droghe, trova una spirale di contraddizioni che culmina nel flusso di denari, feticcio e motore del tutto sociale che disperatamente si imbelletta sotto la voce libertà, diritto, scelta personale. 

Impossibile escludere il tabacco dalle sceneggiature ma, se fumare non fa bene, e il cinema non avvia al tabagismo più di qualche amicizia adolescenziale, è probabilmente attorno al mondo dell'alcol che la nuova industria non trova freni.

"Bevi responsabilmente" è l'unico messaggio che il Governo italiano è riuscito a strappare alle aziende produttrici, nelle martellanti pubblicità proposte ciclicamente ad ogni orario del giorno, sugli schermi televisivi e nel web.

Eppure ogni anno 2.8 milioni di persone muoiono a causa dell'alcol, una percentuale di giovani consumatori in netta ascesa si registra in Italia, il Paese del vino e della grappa, che beve da sempre, una volta per fare la guerra in montagna, un'altra per dimenticare la fatica del lavoro nei campi, ed oggi stenta a frenare l'invito al bicchierino, dietro al quale si nascondono industrie e posti di lavoro.

Sulle droghe leggere la complessità del tema si sposa con il tafazzismo della politica italiana, capace di regalare soldi alle mafie ed intimorire i regolari 12.000 imprenditori che hanno visto nella cannabis light, sostanza senza alto contenuto di THC, una opportunità di investimento regolarmente messa in dubbio dalla successione dei Governi.

Intanto i film sul mondo della droga spopolano ed il consumo di marijuana illegale ha coinvolto, almeno una volta nella vita, circa il 70% degli italiani.

Capito il patto diabolico fra Stato, mercato e consumatore, come se ne esce? E chi lo sa.

Eppure, proprio da uno scrittore morto suicida, Cesare Pavese, in una delle sue opere più fortunate, "Paesi Tuoi", troviamo l'unica granitica verità sull'argomento: "…un tristo Paese quello in cui per divertirsi, bisogna imbestiarsi".