La Rivista
2020
N° 1 - 2 Gennaio - Giugno 2020
Italia tra le top ten per le tasse in busta paga.
17/Aprile/2019
Attualità economiche sociali

di Mariana D'Ovidio

Finalmente entriamo in posizione di rilievo in una graduatoria. Questo potremmo dirlo a prima vista ma, a ben guardare il tipo di graduatoria, capiamo che non è un elemento di vanto.

L'Italia è sì al terzo posto della classifica internazionale dell'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), ma per il peso del cuneo fiscale, ovvero per le tasse che gravano sulla busta paga. Ciò pesa sia sul lavoratore dipendente che sul datore di lavoro, influendo notevolmente sulla qualità degli stipendi.  Probabilmente  non a caso, ma in conseguenza di ciò, siamo, come media Paese, al di sotto di quella europea per i livelli di retribuzione netta.

Infatti, ci troviamo al 19° posto della classifica Ocse per l'ammontare dei salari, con  quota 40.240 dollari lordi, sotto la media dei Paesi industrializzati e superiore solo a quella del Canada (37.930 euro).

Italiani fortemente colpiti e buste paga dimezzate. È quanto emerge dall'ultimo rapporto pubblicato dall'Ocse, lo scorso 10 aprile, sul cuneo fiscale ( cioè, il totale delle imposte e dei contributi, a carico del datore di lavoro o del dipendente, che grava sulla busta paga). L'Italia occupa la seconda posizione, dietro solo la Francia, con una quota del 39,1% nella graduatoria per la famiglie monoreddito e con due figli. La media Ocse è pari, invece, al 26,6%. Nella sezione dedicata ai lavoratori single e senza figli, l'Italia è sul terzo gradino, dopo Belgio e Germania, con un cuneo fiscale pari al 47,9% in leggero aumento (+0,2%) rispetto al 2018. In questo caso la media mondiale è al 36,1%, con una lieve flessione rispetto all'anno scorso.

Il rapporto dell'Organizzazione, che riguarda 36 Paesi, nel cercare una soluzione a tale situazione, volge lo sguardo alle riforme fiscali attuate nei Paesi coinvolti nell'indagine. Emerge  che esse sono state attuate solamente in  quattro Stati: Usa, Belgio, Estonia e Ungheria. Nel resto del mondo, la discussione su tasse e lavoro è sostanzialmente ferma. Servirebbe, nota l'Ocse, un intervento per aumentare i salari. Ma aumentare i salari per fare stare meglio i dipendenti, vorrebbe dire pagare ancora più tasse da parte del datore di lavoro. Dunque "un cane che si morde la coda". Siamo all'interno di un circolo vizioso la cui trasformazione in virtuoso sembra davvero difficile, se non impossibile.

Ma, allora, cosa si può fare per dare un taglio alle imposte, con conseguente  abbattimento del cuneo fiscale? Secondo il «Fiscal monitor» del  Fondo monetario internazionale, l'Italia dovrebbe spostare la tassazione dal reddito al patrimonio, riattivando l'imposta sulla prima casa. Una manovra di questo tipo, però, capiamo bene che sarebbe decisamente rischiosa, da un punto di vista politico elettorale, soprattutto in clima di elezioni europee.

Forse è per questo che, in sede di conferenza stampa, Christine Lagarde,numero uno del Fmi, ha preferito non scendere nei dettagli di tale proposta, affermando : «Abbiamo letto le dichiarazioni e apprezziamo le intenzioni del governo italiano. Quello che è veramente necessario sono misure identificabili, misurabili e credibili, in linea con le intenzioni delle autorità».