La Rivista
2020
N° 1 - 2 Gennaio - Giugno 2020
Fase 2 e dovere della politica.
17/Aprile/2020
Attualità economiche sociali

La Fase 2 è diventato il tema politico più scottante di queste ore.

Seppur con tutte le precauzioni del caso, la ripresa delle attività produttive non sembra poter essere più rinviabile. 

Inizialmente fu Carlo Calenda, agli albori del lockdown, a mettere in luce un grave problema oggi pressante per l'industria italiana: la capacità di restare sul mercato e l'abilità di mantenere rapporti commerciali con partner bisognosi dell'export italiano per portare avanti la loro produzione (v. Germania).

Con una pandemia ancora in essere e le titubanze della politica - avvertita dal mondo scientifico di tutti i pericoli collegati a una riapertura anticipata - le modalità con le quali entreremo nella "fase 2" saranno decisive, sia per le sorti del problema sanitario che per quelle economiche del Paese.

Dalla colonne del Corriere della Sera, Licia Mattioli, Vice Presidente di Confindustria, chiede all'esecutivo date certe per la riapertura, possibilmente a partire dal 4 maggio.

Come sottolineato da Viale dell'Astronomia, "il primo errore è quello di non decidere" e così, nel rimpallo fra i vertici, la situazione appare sempre più immobile e preoccupante agli occhi di industriali e imprenditori ma anche a quelli di molti lavoratori, consapevoli dei rischi di un mercato messo sottochiave per troppo tempo.

Chiamato in causa da più parti, il Governo fa appello alla scienza per trovare certezze che non possono essere sottoscritte con le garanzie attese: d'altronde, ci troviamo davanti a un virus sconosciuto, in cui i tempi di guarigione, il tracciamento dei positivi, la persistenza in aria delle particelle e il ruolo dei condizionatori, sono incognite che rendono impossibile il ritorno a una normalità "a rischio zero".

Sullo sfondo, i sindacati registrano i primi casi di Sars-cov-2 nelle fucine di Taranto e chiedono aumenti salariali per maestri e professori, probabilmente attivati per ovviare al blocco scolastico attuale, con un maggior numero di lezioni, a partire da settembre.

Un problema dietro l'altro, mentre la Germania e molti Paesi europei continuano a produrre, seppur a ritmi tutt'altro che serrati, per una popolazione isolata in casa ma pronta a spendere e consumare alla fine del lungo lockdown.

La Spagna, con una popolazione massicciamente coinvolta nella pandemia, si è dichiarata pronta a riaprire parte delle attività produttive. La Germania non si è sostanzialmente mai fermata. In Francia i grandi player industriali sono attivi.

L'Italia vive in stallo. Come abbiamo già richiamato, basandoci sui numeri del CSC, le somme necessarie per tamponare l'emergenza e far ripartire le imprese rischiano di non bastare, soprattutto se la pandemia si prolungherà anche nel mese di maggio, come è probabile. 

Le decisioni latitano e i decreti con gli aiuti promessi non trovano riscontro nei conti correnti di imprese e famiglie. Quell'unità nazionale con la quale si è giustificato il sacrificio comune, inizia a scricchiolare da più parti.

Lo slogan con il quale ci si è difesi dal coronavirus è stato "andrà tutto bene". Inizia a essere lecito nutrire qualche dubbio.