La Rivista
2020
N° 1 - 2 Gennaio - Giugno 2020
Banche e Tech
02/Gennaio/2019
Attualità economiche sociali

La lunga scia della crisi nel sistema bancario mondiale, partita dagli Stati Uniti, nel 2008, continua a farsi sentire, proiettandosi sul personale.

L'Associazione Bancaria Italiana (ABI), nel rapporto 2018, evidenza che i bancari dipendenti delle 359 aziende associate, sono scesi sotto la soglia delle 300.000 unità.

Nel 2013, quando le ristrutturazioni interne dovute alla crisi avevano preso forma ma ancora poca concretezza, i dipendenti erano 323.400. Ciò significa che in cinque anni sono stati persi quasi 26 mila posti di lavoro.

Il volto che incroceranno i clienti di una banca, sarà sempre più spesso quello di una donna quarantenne (l'età media è di 42,5 anni), molto probabilmente laureata, con un'anima digitale e capace di offrire consulenza ad ampio spettro. Più nel dettaglio, se si guarda alla collocazione delle quote rosa, si arriva ad un non disprezzabile dato, pari al 45,9%,nel confronto con l'altro sesso.  Si può parlare, pertanto,  di un buon risultatoper un sistema bancario che, a livello di risorse umane, sta rapidamente cambiando.

Un lieve ricambio generazionale è favorito da uno strumento contrattuale bilaterale, detto "Fondo per l'occupazione", che tra il 2012 e il 2018 ha consentito l'assunzione o stabilizzazione di 20.000 impiegati.

Il taglio dei posti di lavoro è dovuto a molti fattori, non solo alla lunga scia della crisi.

Le regole europee suggeriscono o, meglio, impongono, un taglio dei costi, nuovi ricavi, recupero della redditività. Il mezzo per raggiungere questi obiettivi è quello che investe – nel vero senso della parola – tutte le categorie lavorative: il tech e la digitalizzazione.

Nascono banche completamente on line anche fra i grandi Gruppi, diminuiscono gli sportelli, nel nome del risparmio e della solidità: ma a che prezzo?

Il mondo bancario è il simbolo del capitalismo che, paradossalmente, dopo aver superato da vincitore, con la forza dei suoi risultati, ogni battaglia ideologica del XX e XXI secolo, ora rischia di auto flagellarsi, per massimizzare il profitto nell'immediato, senza avere certezze per il futuro.

Il tech, l'automazione, la digitalizzazione, sono armi con le quali l'uomo può migliorare la vita lavorativa, renderla più snella, proiettarsi verso orari di lavoro meno lunghi, ma al momento è stata percepita dalla gran parte dei sistemi come il modo migliore per massimizzare la produttività, a scapito delle risorse umane.

In tutto questo turbinio di cambiamenti, chi rischia di farne le spese è l'economia stessa degli Stati ma, conseguentemente, l'intero sistema dei mercati.

Non esistono dati certificabili e sicuri su un surplus numerico – oltre che nella maggiore velocità d'esecuzione – riguardo a questa costante  e sempre più rapida sostituzione dell'uomo con il tech.

Il fatto che il mondo bancario sia quello maggiormente propenso a muoversi verso questa scommessa, da un lato è giustificabile poiché rientra nella dinamica dei lavori facilmente automatizzabili, dall'altro lancia un brutto segnale, in quanto simbolo dei tempi nuovi ma che stavolta non promettono nulla di buono per la maggioranza dei cittadini.

 

Le opinioni espresse nelle news sono a cura della direzione e non coinvolgono assolutamente i membri del comitato scientifico di Tempo Finanziario.